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144 sull'oceano


Il mare si mostrava quella mattina in uno dei suoi aspetti più brutti e più odiosi: immobile sotto una vòlta bassa di nuvole gonfie e inerti, di colore giallo sporco, d’un’apparenza viscida, come se fosse tutta una belletta di terra grassa, in cui un rampone da pesca avesse a rimanere confitto come una stecca nel mastice; e pareva che non vi dovessero guizzare dei pesci, ma delle bestie deformi e immonde, del suo suo stesso colore. Un aspetto simile presentano forse le pianure della regione occidentale del Mar Caspio, quando son coperte dallo eruzioni dei vulcani di fango. Se fosse vero che questo immenso mare, salato come il sangue, e dotato d’una circolazione, d’un polso e d’un cuore, non è un elemento inorganico, ma uno smisurato animale vivente e pensante, avrei detto quella mattina ch’egli volgeva in mente i più sconci pensieri, farneticando in uno stato di mezzo assopimento, come un bruto briaco. Ma neanche risvegliava l’idea della vita, poiché non v’era un respiro di vento, e sulla sua faccia non appariva nè una contrazione nè una ruga. Dava l’immagine di quell’angolo d’oceano deserto, rimasto per molto tempo inesplorato, che si stende fra la corrente di Humboldt e quella che le va incontro dal centro del Pacifico, posto