Pagina:De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu/161

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l'oceano giallo 157


— Non lo aveva anche detto, che la signora s’era staccata dal marito, e lentamente, facendo un visetto insonnito, attraversava il cassero, per discendere. — Eh! — sclamò l'agente; — il momento è ben scelto. Non c’è un cane di sicuro dentro a quei forni di sotto... Ma c’è la giustizia di Dio! — E scappò sotto egli pure. Non una di queste mosse era sfuggita a quel serpente a sonagli della madre della pianista, la quale bisbigliava le sue osservazioni alla sua vicina, la signora della spazzola; e tutt’e due, mandando scintille dagli occhi, s’alzarono a un punto solo, e si mossero... Ma era inutile. La svizzerella tornava su, velando la stizza col suo bel sorriso, e tenendo un libro fra lo mani, come se fosse scesa per pigliar quello; e due minuti dopo, dall’altra scala, ricompariva il tenore, solfeggiando e guardando il mare, con un’affettazione di indifferenza che tradiva una rabbia canina. A pochi passi dietro di lui veniva innanzi l’agente, felice, che mi fece di lontano un cenno della mano aperta, col pollice al naso. Il tenore s’avvicinò a me, e mi disse: — Bel mare, eh?

Il mare era orribile; ma lui un originale divertentissimo. Avevo fatto la sua conoscenza