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onde nere, biancheggianti di schiuma alle creste, tumultuavano, restringendo l’orizzonte da ogni parte, sotto una volta tenebrosa di nuvole, rotta qua e là da squarci grigi di luce crepuscolare, e come agitata da una nuvolaglia sottostante mobilissima e maligna, che volesse ricominciare la lotta. Il piroscafo era tutto bagnato come se in quelle sette od otto ore fosse stato sommerso da un capo all’altro. Per tutto correvan rigagnoli e s’allargavan chiazze d’acqua súdicia. I tetti, le pareti, gli alberi, le lance sgocciolavano come del sudore della battaglia. A poppa e a prua s’agitavano ancora i marinai, con grandi stivaloni, inzuppati da capo a piedi, coi capelli appiccicati alla fronte e al collo, rotti dalla fatica. Incontrammo nel passaggio coperto il comandante, tutto rosso, sudato e sbuffante, che ci passò accanto senza vederci. E picchiando spallate e fiancate dalle due parti del passaggio, sguazzando nella molletta color di carbone, urtati dalle persone affaccendate dell’equipaggio, arrivammo a prua.

Qui c’era già molta gente uscita dai dormitori, che si teneva con le mani ai guardacorpi, stati tesi a traverso alla coperta per uso dei marinai; e presentavano l’aspetto compas-