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Sul rio de la Plata 421

dato là da un pensiero nuovo e profondo che assorbisse tutta l’anima sua, ed era là ancora quando, ritto sopra un nuovo vaporino in mezzo a un gruppo d’amici, io vedevo il colossale Galileo a poco a poco abbassarsi e accorciarsi, mostrando però sempre lungo i suoi parapetti le mille teste degli emigranti, come il formicolio d’una folla affacciata agli spalti d’una fortezza solitaria in mezzo a una pianura senza fine. E riandando rapidamente quel viaggio di ventidue giorni, mi pareva davvero d’essere vissuto in un mondo a parte, il quale, riproducendo in piccolo gli avvenimenti e le passioni dell’universo, m’avesse agevolato echiarito il giudizio intorno agli uomini e alla vita. Molta tristizia, molte brutture, molte colpe; ma assai più miserie e dolori. La maggior parte delle creature umane è più infelice che malvagia e soffre di più di quello che faccia soffrire. Dopo aver bene odiato e sprezzato gli uomini, senz’altro frutto che di amareggiarci la vita e d’inasprire intorno a noi la malvagità che ce li rese odiosi e spregevoli, noi ritorniamo all’unico sentimento sapiente ed utile, che è quello d’una grande pietà per tutti: dalla quale, a poco a poco, gli altri affetti buoni e fecondi rinascono, confortati dalla santa speranza che, nonostante le contrarie apparenze