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Pagina:De Blasis - Leonardo da Vinci, 1872.djvu/32

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Perfusus sanie vittas atroque veneno:
Clamores simul horrendos ad sidera tollit,
Quales mugitus, fugit cum saucius aras
Taurus, et incertam excussit cervice securim.»


Lo scultore ed il poeta, nelle loro immagini, rappresentano al vero un uomo che smania di acerbi dolori, ed il suo amore verso la sua sofferente prole.

La statua Vaticana meritava bene che a colui, il quale circa l’anno 1506, sotto il Papa Giulio II, l’aveva ritrovata, si facesse la seguente iscrizione:


FELICI DE FREDIS
QUI OB PROPRIAS VIRTUTES
ET REPERTUM LAOCOONTIS DIVINUM
QUOD IN VATICANO CERNIS
FERE RESPIRANS SIMULACRUM
IMMORTALITATEM MERUIT
ANNO DOMINI MDCXXIX.

Mercatus, nella sua Metallotheca pag. 355


Questo famoso monumento della scultura greca, opera di Agessandro e Atenodoro, fu veduto da Plinio nel palazzo di Tito, e lo descrisse ammirandolo. Credesi che questo gruppo inimitabile sia stato quello che inspirò i bellissimi versi di Virgilio, sia che lo avesse veduto, sia che ne avesse letta la descrizione. — Scultori, pittori, poeti, studiarono questo capo lavoro del greco scalpello, e Lessing ne fece uno studio particolare, che pubblicò con il titolo: Laocoonte, nel genere del Giove Olimpico di Quatremère de Quency. — Uno scrittore moderno francese giudicava nel seguente modo la suddetta opera immortale: «Cette noble simplicité est surtout le caractère distinctif des chefs-d’œuvre des Grecs. Ainsi que le fond de la mer reste toujours en repos, quelqu’agitée que soit la surface, de même l’expression, que les Grecs ont mise dans leurs figures, fait voir