Pagina:De Cesare - Roma e lo Stato del Papa I.djvu/123

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vita sociale e sue gerarchie 105

esse la sua opera; impiegato ai Vacabili e bollatore in Dateria; impiegato al Censo e scrivano ai Brevi, e nel tempo stesso, maestro di casa, o gentiluomo di un cardinale; esattore o computista nei ministeri, e legale in quelle farraginose amministrazioni di case principesche, di capitoli, di ordini monastici e di opere pie: gente retribuita poco, ma il cui lavoro costava anche meno. Caratteristica società, nella quale nessuno si sentiva il coraggio di parlare apertamente e direttamente; dove nulla si faceva senza intermediari, e dove persino un minuscolo possidente di case aveva l’esattore, ed era egli stesso l’esattore di altri padroni.

In quel medio ceto, laico ed ecclesiastico, si conoscevano l’un l’altro, ed era un aiutarsi a vicenda. Regnava una vera familiarità patriarcale, benchè non disgiunta da innocui pettegolezzi, e da ben coperte gelosie. Non solo negl’impieghi governativi, ma nei privati, i figli succedevano ai padri, ed era sempre il favore che prevaleva; nè si faceva carriera senza la persona influente, che portasse, anche perchè non vi erano concorsi. Questo verbo portare era pieno di significato, e sopravvive nel mondo ecclesiastico. Se nessuno invidiava l’altro, ciascuno era alla ricerca di un’influenza maggiore. Governata da ecclesiastici, quella società ne ritraeva il carattere: cauto, non sempre sincero, e poco inclinato alle espansioni. L’autorità era morbida, quasi carezzevole, e non mai insensibile alle raccomandazioni, sopratutto di donne, di principi e diplomatici, e sempre disposta a benevolenza e a clemenza, tranne in politica. Favorire i parenti e gli amici era la cosa più naturale, quasi doverosa, per quei prelati posti a capo dei pubblici dicasteri, e che sentivano l’amore della propria famiglia, della quale erano i capi o il puntello più solido. Non insensibili alle umane tentazioni, quei prelati e quei preti si lasciavano da esse facilmente sopraffare, niuna esclusa. Non vi erano controlli di nessun genere. All’infuori del Giornale di Roma, ch’era ufficiale, gli altri si occupavano di lettere, di scienze e di religione, e guai a parlare di faccende pubbliche. Il cardinale Antonelli, nemico implacabile della libertà di stampa, diceva che i giornali dovevano pubblicare soltanto l’annunzio delle cappelle papali, e le notizie della... insurrezione cinese.