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vita sociale e sue gerarchie 113


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A queste condizioni generali di buon mercato nella vita, erano da aggiungere le infinite istituzioni di beneficenza. Nessuna città del mondo ne contava quante Roma: ospedali, ricoveri, monti di pietà e di maritaggi, brefotrofi, orfanotrofi, ritiri e monasteri, congreghe e capitoli, tutti offrivano un larghissimo contributo alla beneficenza, più elemosiniera che previdente. Tutte queste pietose istituzioni avrebbero sopravanzato i bisogni della povera gente, se la loro amministrazione avesse ubbidito ad altri criteri; ma amministrate da ecclesiastici, i quali rimpinzavano i bilanci di spese di culto, fallivano in gran parte al loro fine.

Rimarrà ancora un problema per i futuri filosofi della storia, se una società, costituita come quella di Roma, potesse trascinare la sua esistenza attraverso i secoli, avendo per base della sua vita economica la beneficenza ufficiale in tutte le sue forme; e se questa beneficenza fosse la cagione, per cui ogni vigorosa attività indigena non trovasse terreno adatto a svolgersi e a prosperare, e Roma rimanesse così la più povera fra le grandi città del mondo. Io penso che nessuno dei due fatti fosse effetto dell’altro, ma che l’uno e l’altro, strettamente connessi, fossero causa ed effetto, ad un tempo, di una condizione storica, che rimontava alla repubblica e più all’impero, al quale sotto molti rapporti era succeduto il Papato. La beneficenza romana ha avuto storici e illustratori non privi di dottrina e di acume, e ricorderò, tra i più noti, il Piazza, monsignor Morichini, morto cardinale nel 1879, e Quirino Querini, la cui opera pregevole ebbe il maggior premio all’esposizione nazionale di Palermo; tutti autori d’interessanti volumi, i quali rivelano che fondamento della vita sociale della città era la beneficenza nelle sue varie affermazioni, e come, senza di essa, non sarebbe stato possibile il vivere alla metà quasi della popolazione.

Il censimento del 1871, confermando i risultati di quello del 1857, rivelò un possidente per ogni 50 abitanti; sicchè, dedotti gl’individui addetti a lavori manuali, ai traffici e al commercio, alle professioni libere, all’esercito, al clero e agl’impieghi, sopra una popolazione, che non toccava le dugentomila