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diplomazia e congresso di parigi 239

gente, brave persone, molto tranquille, a differenza di questi francesi dell’intendenza militare, che fanno un chiasso da stordire». L’intendenza militare francese era al palazzo Chigi. E quando la legazione passò al palazzo Vidoni, incontro alla chiesa del Sudario, il conte di Pralormo vi andava ogni giorno a sentir la messa, e nelle domeniche vi conduceva il personale.


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Nel 1855 si acuirono le ire, a proposito dell’altro disegno di legge per la soppressione delle comunità religiose, fieramente oppugnato dall’aristocrazia, dall’episcopato e dal clero, e che corse il pericolo di naufragare in Senato, in seguito alle proposte fatte, nelle sedute del 25 e 26 aprile di quell’anno, dal senatore Nazari di Calabiana, vescovo di Casale, morto poi arcivescovo di Milano. Monsignor Calabiana dimostrò, che il concordato e la convenzione del 1828, fra la Santa Sede e la Sardegna, non recavano alcun danno alle prerogative della Corona. A nome dell’episcopato ed autorizzato dalla Santa Sede, egli offriva la somma di lire 928 mila, da servire per aumento delle congrue parrocchiali, perchè, col pretesto di aumentarle, si voleva giustificare il nuovo disegno di legge. La redazione della proposta, per incarico dei vescovi, era stata affidata ad una commissione, di cui facevano parte, oltre il Calabiana, l’arcivescovo di Chambéry, e il vescovo di Mondovì; fierissimi intransigenti. Anzi è da ricordare che monsignor Billet si era dimesso da senatore fin dal 1850, per protestare contro una politica di violenza e di usurpazioni, com’egli diceva. Queste opposizioni così tenaci e vivaci nella Camera alta, erano alimentate, e rese quasi faziose, dall’organo clericale più battagliero, che fosse in Italia, l’Armonia, e dal suo direttore Giacomo Margotti, il polemista più poderoso e coerente del suo partito. Cavour e i suoi colleghi ignoravano che quelle proposte erano state concordate con Roma; e parendo loro certo che il Senato le avrebbe accolte, mandando all’aria il progetto del governo, ed accortisi inoltre dei dubbi e tormenti religiosi, che agitavano l’animo del Re, presentarono le dimissioni.