Pagina:De Cesare - Roma e lo Stato del Papa I.djvu/310

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292 capitolo xv.

annessi si dedicò, per lunghissimo tempo, all’insegnamento ed alla predicazione. Dopo circa vent’anni tornò in Italia, dove, liberato, con rapida e benevola procedura, da ogni conseguenza, in confronto alle leggi militari, potè rimanere liberamente, a più riprese, in Roma e altrove.


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Il padre Pio Edgardo Mortara (così egli firma), oltre ad essere missionario apostolico, è pure professore di teologia, conosce varie lingue, ed è tra le più notevoli figure del suo Ordine. Non ostante la sua separazione dalla famiglia, e la differenza di religione, ha conservato pei fratelli e le sorelle un affetto sincero, e un profondo attaccamento, come con riverente tenerezza ricorda i perduti suoi genitori, di benedetta memoria, com’egli dice, e che ho sempre amato con vero sentimento filiale. Si deve anche ricordare, per la verità, che l’educazione del fanciullo non fu diretta a modificare i suoi affetti di famiglia, essendo ai nuovi educatori bastata la certezza, che l’animo di lui era definitivamente acquistato alla nuova fede, ed al nuovo suo stato. In una lettera al Temps del 18 aprile 1900, datata da Parigi, smentisce che sua madre sia morta cristiana. La verité avant tout, egli dice. J’ai toujours désiré ardemment que ma mère embrassât la foi catholique, et j’essayai plusieurs fois de l’y disposer. Cependant, cela n’eut pas lieu, et lors de sa dernière maladie, me trouvant auprès d’elle, avec mes frères et sœurs, je ne remarquai en elle aucun indice d’une conversion.

A dimostrare l’affetto suo per la famiglia, pubblicò alcune terzine da lui scritte, nel luglio del 1891, da Modena, nel natalizio delle sue sorelle, nate ad un parto, Erminia ed Ernesta. Benchè la forma non rifulga di efficacia poetica, l’onda affettuosamente malinconica, che vi traspira, rende quei versi non privi d’interesse:

5 luglio 1891. Alle mie carissime sorelle Erminia ed Ernesta, nella fausta ricorrenza del loro giorno natalizio, il loro amantissimo fratello Pio Edgardo, stringendole al cuore dopo trentatre anni di dolorosa assenza, piangendo di gioia, dedica e consacra queste terzine:

O mie care sorelle, o benedette
Sorelle mie, ch’alfin pur stringo al cuore
Dopo sei lunghi lustri, o mie dilette!