Pagina:De Cesare - Roma e lo Stato del Papa I.djvu/326

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308 capitolo xvi.

e al numero 25 del terz’ordine vi era il Vicariato per «sorvegliare il decoro della scena». Lo spettacolo cominciava alle sette. Col primo giorno di quaresima tutt’i teatri eran chiusi, per riaprirsi la sera della seconda festa di Pasqua. Cominciava la stagione di primavera, che durava fino alla Pentecoste. Seguiva l’estate e i teatri chiusi daccapo; e solo si apriva il Corea, nella magnifica rotonda del Mausoleo di Augusto. Teatro diurno e scoperto, con buone compagnie di prosa, anzi, qualche volta eccellenti. I romani, che non abbandonavano Roma nella stagione calda, dopo un pranzo sano e succolento, e una buona dormitella, andavano al Corea a sentire Amalia Fumagalli, Alamanno Morelli, Carolina Santoni, ma spesso accadeva che, nel meglio dello spettacolo, le campane di San Rocco suonassero a morto o a novena, e allora lo spettacolo veniva sospeso, fra caratteristici accidenti all’indirizzo del campanaro. Nell’ottobre incominciava la stagione autunnale, ma con spettacoli di occasione, che duravano non più di un mese. Il Tordinona non aveva che la sola stagione d’inverno. In quella di primavera non erano infrequenti i grandi spettacoli, con musica e ballo, all’Argentina. A Metastasio, il Vitale sotto la maschera di Pulcinella aumentava la fortuna del Baracchini, e al Circo Agonale, Meo Patacca, Marco Pepe e il gobbo Tacconi, richiamavano il popolino con gli spettacoli romaneschi, pieni di episodi comici e tragici, ancora più esilaranti; ma già fin d’allora il teatro dialettale si avviava a sparire.

Non è da dimenticare che, nell’estate del 1865, venne a Roma a dare una serie di rappresentazioni, al Valle, la compagnia napoletana del San Carlino, diretta dall’insuperato pulcinella Antonio Petito. Frequentarono il Valle, durante quelle rappresentazioni, la corte di Napoli e tutta l’emigrazione legittimista delle Due Sicilie. La compagnia, per far piacere ai nobili e augusti spettatori, buffoneggiò, abbastanza volgarmente, sulle cose italiane. Tornata a Napoli, alla ripresa degli spettacoli nel caratteristico teatrino di piazza del Municipio, provocò tale dimostrazione di urli e di fischi e getto di torsoli, che il Petito, in costume di pulcinella, fuggì dalla porta dei Travaccari, angusta via che più non esiste, e gli altri attori, morti dalla paura, chiedevano comicamente mercè, e le donne strillavano. Lo spetta-