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primi mesi del 1859 a roma — condizioni generali dello stato 327

vano la maggiore risorsa e il maggiore orgoglio. E sarà bene confrontare i due bilanci, il primo dopo la restaurazione, e l’ultimo del 1858. Se quello del 1852 presentava, come s’è visto, un attivo di scudi 10,473,129.90, un passivo di 12,336,487.39 con un disavanzo di circa 2 milioni, nel 1859 il bilancio, per effetto dei nuovi aggravi, si era elevato a 14,653,999 scudi nell’attivo, e a 14,552,570 nel passivo, con un civanzo di 101,429 scudi. Si era fatto un gran passo, anche perchè in quei sei anni non si verificarono carestie, nè straordinari infortuni, nè furono eseguite costose opere pubbliche. I sussidi chilometrici alle ferrovie non si sarebbero pagati che all’apertura dell’esercizio, e c’era ancora tempo. Ma se il bilancio si trovava in buone condizioni, non era diminuita l’enorme differenza fra l’esportazione e l’importazione, vero indice della pubblica ricchezza. Nel 1840, come rilevò il Galli1, l’importazione era di scudi 8,189,240, calcolando i generi al loro valore, e l’esportazione di 6,999,231; negli anni, che corsero dal 1850 al 1859, questi rapporti non furono mutati, anzi l’importazione sali quasi al doppio. Il Galli aveva ricavato le cifre, così nell’entrata come nell’uscita, ch’egli chiamava «estrazione», dalle bollette doganali, per cui tutto ciò che s’introduceva di contrabbando non vi era compreso. Egli aveva notato che il contrabbando si compiva quasi esclusivamente nella introduzione, «essendo i generi per lo più gravati di forti dazi, ed essendo i confini di mare e di terra estesissimi e di difficile sorveglianza»; e aggiungeva che non vi era motivo a supporlo nella uscita, «perchè i dazi sono insensibili o nulli, e perchè gli “ammassi” (voleva dire depositi) che si formano nell’interno, non potrebbero farsi impunemente scomparire». Grande ingenuità da parte sua, perchè nel cespite maggiore dell’esportazione, rappresentato dalle belle arti, il contrabbando si compiva egualmente, essendovi una tassa forte di esportazione. Per esempio, la totalità delle stime per opere di pittura e scultura, da doversi esportare, figura nel 1856 di soli scudi 290,729, secondo risulta dalle licenze rilasciate dal ministero del commercio; ma è da ritenere che fosse molto maggiore, perchè l’uscita delle opere d’arte, antiche e moderne, so-

  1. Angelo Galli, Cenni economico-statistici sullo Stato pontificio. Roma, tip. Camerale, 1840, grosso volume di oltre 500 pagine.