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Pagina:De Cesare - Roma e lo Stato del Papa I.djvu/44

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26 capitolo ii.

arditi spiriti, e primogenito del principe di Canino. Una lettera anonima gli aveva imposto di non andare al Corso; a lui parve viltà ubbidire, e vi andò ostentatamente in charrette, con la sorella Maria, che aveva 14 anni. Ma giunti innanzi al Caffè Nuovo, un ignoto, staccandosi dalla folla, offerse al principe un gran mazzo di fiori, nel quale era nascosta una granata di vetro, che scoppiò dopo pochi istanti, e ferì piuttosto gravemente il principe, e leggermente la sorella e il cocchiere, che furono condotti alla prossima farmacia per essere medicati. L’audacia di quell’attentato produsse una grande impressione, e fece scemare il vigore della gazzarra carnevalesca. Delle ferite i Bonaparte guarirono presto, e fra le dimostrazioni a favor loro per lo scampato pericolo, va ricordato il brindisi del comandante Vincent dell’11° dragoni, il quale in un pranzo nello stesso Caffè Nuovo, dato la sera del 10 con intervento di parecchi giovani dell’aristocrazia per festeggiare la promozione del colonnello Boyer, così parlò:

... facciamo brindisi al carnevale, alle sue gioie, ai suoi piaceri, ai suoi fiori, ai suoi lieti confetti, alle gentili donne che vi concorrono, essendone il più bell’adornamento, e massimamente all’egregia donzella, che insieme col nobil fratello sprezzò esecrabil minaccie anonime. A quell’angelo, da un pericolo scampato, giunga tutto il nostro genio simpatico; siano conforto al dolor materno le spontanee premure dell’armata francese; abominio al perfido mazzo di fiori, sdegno ed onta eterna sull’infame che lo vibrò, e sui più di lui infami, che armarono la mano scellerata...

«Parlò in italiana favella, - disse un giornale, - acciò fosse «compreso da tutti i romani ch’erano presenti». Donna Maria Bonaparte sposò l’anno appresso il conte Paolo di Campello; e volendo gli sposi partire per Napoli a passarvi la luna di miele, furono loro negati i passaporti.


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Continuavano gli attentati quasi senza tregua, a danno di reazionarii ben noti. Agostino Squaglia, bussolante in Vaticano e nerissimo papalino, camuffato da Cernuschi, era andato al Corso in carrettella, imitando stranamente, nei gesti e nei discorsi, il