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Pagina:De Cesare - Roma e lo Stato del Papa I.djvu/77

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primo concistoro - il nuovo municipio 59

o erano addirittura omessi. La maggior opera edilizia in quegli anni fu il riordinamento della salita di Monte Cavallo, rampa inaccessibile alle vetture, e che il genio architettonico di Virginio Vespignani rese una delle più belle opere d’edilizia moderna. L’iscrizione murata sulla parete a sinistra di chi sale, e che si apre con il detto ablativo, rivela, che, senza il concorso dello Stato, quell’opera non si sarebbe compiuta. Pio IX ci teneva a vedere dappertutto il suo nome e le sue armi.


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Lievissime le imposizioni municipali. Esse colpivano: le tre acque, la Vergine, la Felice e la Paola; le vie, le cloache, le vigne e gli orti suburbani; la mattazione, la neve e i cavalli. L’imposizione di altre tasse non poteva farsi senza l’approvazione del cardinale presidente del circondario di Roma. C’era una tassa sui cavalli, ma ne erano esenti i ministri, i capocci, i vergari, i butteri, tutti gl’inservienti dei mercanti di campagna. N’erano colpiti i soli cavalli di lusso, ma tante le magagne per gabellare anche questi come appartenenti ad una delle categorie escluse, che in una città, la quale aveva così fitto numero di equipaggi e di scuderie, la tassa era preventivata per soli 12,000 scudi, e ne rendeva meno. Data più tardi in appalto, fruttò più del doppio, cioè lire 135,000.

La commissione provvisoria fece un bilancio preventivo per l’anno 1850. È un documento interessante per misurare il cammino percorso, d’allora ad oggi. Quel bilancio ha questi estremi: un’entrata di scudi 689,618.40, ed una spesa, rigorosamente calcolata, di scudi 763,716.74, e un disavanzo, che allora si chiamava «deficienza», di scudi 74,098.34. La commissione notava che suo studio principale era stato quello di conciliare «per quanto soffrono le difficoltà dei tempi, il regolare andamento dell’azienda comunale con le maggiori restrizioni delle spese, ma che le stesse difficoltà avevano reso vano il desiderato scopo di equiparare l’introito all’esito». E aggiungeva: «questo trovasi in una deficienza, che siccome non tenue, reclama un attivo provvedimento». Il qual provvedimento, risultante da una nota del bilancio, fu basato su questo specioso ragionamento: