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Pagina:De Cesare - Roma e lo Stato del Papa I.djvu/80

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62 capitolo iv.

Confrontando quel bilancio col presente, spicca l’enorme differenza tra la vita municipale di allora e questa di oggi. Il dazio di consumo getta 14 milioni di lire, e colpisce, in maniera inverosimile, tutti i generi alimentari, tranne l’erba e le frutta fresche, in guisa che Roma è divenuta la più costosa città d’Italia, e una delle più costose d’Europa. Basterà ricordare che sul vino, il dazio era di sole tre lire e dieci centesimi per ogni 120 ettolitri, cioè 62 baiocchi, mentre oggi si pagano dieci lire e mezza per un solo ettolitro. La tassa addizionale sulla dativa è salita da 15 centesimi a 67, superando il massimo; le spese per l’istruzione, fra ordinarie e straordinarie, obbligatorie e facoltative, toccano i 4 milioni. E quella tassa sui cavalli, che rendeva appena 60,000 lire, oggi ne dà 271,000. Gli enormi oneri di beneficenza sono, è vero, passati in gran parte a carico della congregazione di carità, ma rimangono ancora nel bilancio, ultimo ricordo di un’epoca finita, le 16,000 lire che son pagate, a titolo di franchigia, ai genitori di numerosa prole. E tutto il bilancio, che rappresentava 3 milioni e mezzo di lire, oggi è salito a 34, superiore di 2 milioni al bilancio di Napoli. Nessuna città ha subito così radicale mutamento in più breve tempo, e in tutta la sua economia, come Roma. Del vecchio rimane tanto che basta a ricostituire con la fantasia, più che con la memoria, il mondo di allora. Chi ricorda quali erano davvero i quartieri dei Monti, del Trastevere, di Santa Maria in Campitelli, dei Filippini e del Governo Vecchio; che cosa era il ghetto con la vicina piazza Montanara sino ai Cerchi, nonchè quel caratteristico rione a saliscendi, nella sua barbarie medievale, che si addensava alle pendici del Campidoglio, fino a piazza Venezia e a piazza San Marco, e quasi demolito oggi per il monumento a Vittorio Emanuele? La città poteva considerarsi come l’aggregato di tanti borghi campagnoli, ammucchiati a pie’ degli storici colli, e cingenti le classiche rovine, pagane o cristiane, ed i grandi monumenti della Rinascenza.


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Si spendeva per l’illuminazione 28,000 scudi. La città era illuminata con fanali ad olio, ben distanti l’uno dall’altro, e le vie tortuose e solitarie facevano paura dopo un’ora di notte.