Pagina:De Joinville, Galvani - La sesta crociata - 1872.djvu/119

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Capitolo IX.

Come ci ismovemmo di Cipri, e venimmo in vista di Damiata in Egitto.


Tantosto che fummo al buon mese1 egli fu gridato e fatto comandamento, da parte il Re, che tutti i navigli fussero ricaricati di viveri per esser presti a partire quando esso Re indicherebbelo. E quando la cosa fue fatta e compiuta, il Re, la Reina e tutte sue genti, si ritiraro ciascuno nella sua nave. Ed il proprio Venerdì innanzi la Pentecoste di quell’anno, il Re fece gridare che tutti tirassono appresso lui la dimane, e che si ferisse dritto in Egitto. E la dimane appunto giorno di Sabbato tutte le navi si partirono e fecer vela, il che era piacevole e insieme mirabil cosa a vedere, perch’egli sembrava che tutto il mare, tanto che si poteva vedere, fusse coverto di tele per la gran quantitade di vele ch’erano donate al vento, e ci avea ben mille ottocento vascelli che grandi che piccoli.

Il Re arrivò il giorno di Pentecoste ad un promontorio che si appellava la Punta di Limessone cogli altri vascelli dintorno a lui, e discesero a terra ed udiro la Messa. Ma grande isconforto arrivò a quella volta, perchè di ben duemila ottocento Cavalieri ch’erano partiti per andare appresso il Re, non se ne trovaro con lui a terra che settecento, e tutto il dimorante uno vento orribile, che a modo di scïone o di remolino, venne di verso Egitto, li separò di loro via e della compagnia del Re, e li

  1. Nell’Aprile del 1249.