Pagina:De Joinville, Galvani - La sesta crociata - 1872.djvu/122

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58 la sesta crociata.

veggendo ch’ella affonderebbe a poco a poco nel mare, si ritirarono nella nave, e ci abbandonarono coi Cavalieri nella piccola barca. Allora io m’isgridai e domandai al Maestro di quanto egli avea troppo di gente nella galeotta, ed egli mi disse ch’egli ce n’avea troppo di diciotto uomini d’arme. Perchè tantosto ne la scaricai d’altrettanti e li misi nella nave ove erano i miei cavalli. Ed in quella ch’io facea eseguire un tal tramenìo, un Cavaliero fu, che era a Monsignor Airarto di Brienne, nomato Pluchetto, il quale per seguirci, volle al tutto discendere della gran nave nella barca, ma la barca s’allontanava, ed il Cavaliero cadde armato in mare e annegò.


Capitolo X.

Come si ferì alla terra contro lo sforzo de’ Saracini, e perchè questi fuggironsi e ci lasciaron Damiata.


Allora noi cominciammo a navigare per di dietro la barca della gran nave del Re e andammo alla terra. E tantosto che le genti del Re, le quali ferivano alla terra come noi, videro che noi andavamo più tosto ch’elli non facevano, ci gridarono di sostenere sì che arrivasse l’insegna di San Dionigi; ma io non ne li volli credere, anzi ci lasciammo correre davanti ad una grossa battaglia di Saracini e di Turchi, là ove egli ci avea bene sei mila uomini a cavallo. Li quali, sì tosto che ci videro ferire alla terra, toccarono degli sproni diritto a noi. E noi ficcammo il calcio delle nostre lancie a terra nella sabbia, e rivolgendo loro le punte e