Pagina:De Joinville, Galvani - La sesta crociata - 1872.djvu/168

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104 la sesta crociata.

loro genti a cavallo ch’erano arringati davanti nostr’oste tutto a randa a randa delle proprie lizze, per guardare che alla volta nostra non sorprendessimo per tempo di notte l’oste loro che avean dopo le spalle. Ed in quella sei Capitani de’ Turchi scavalcarono, e molto bene armati vennero fare una paratura di cantoni, affinchè i nostri balestrieri no li potessono inaverare, ed essi standovi addopati, traeano a vanvera per mezzo noi, e sovente colpivano alquanti di nostra gente. E quando li miei Cavalieri ed io, che avevamo a guardare quel tratto, vedemmo il loro paratìo di pietrami, prendemmo insieme consiglio, che, riannottando, noi l’andremmo disfare e ne asporteremmo le pietre. Ora aveva io uno Prete, ch’avea nome Messer Gianni di Vaysy, il quale, udito il consiglio preso da noi, di fatto non attese altrimenti, ma si dipartì tutto soletto ed a cheto di nostra compagnia, e andò verso i Saracini, sua corazza in dosso, suo cappello di ferro sulla testa, e sua spada sotto l’ascella, perch’ella non fusse appercepita. E quando egli fu presso de’ Saracini, i quali non si pensavano nè dottavano di lui in veggendolo tutto solo, egli loro corre sovra aspramente e leva la spada e fiere su que’ sei Capitani Turchi senza che, per la sorpresa, nullo d’essi avesse podere di difendersi, e forza loro fu di prender la fuga. Di che furono molto isbaìti gli altri Turchi e Saracini; e quando videro così i loro Signori fuggire, essi piccarono degli sproni, e corsero sul mio Prete che si ritornava a piccol passo verso nostr’oste: perchè ben cinquanta