Pagina:De Joinville, Galvani - La sesta crociata - 1872.djvu/177

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parte seconda. 113

Sicchè tutte le fiate ch’egli vedeva i Turchi correre su al detto Signor di Branzone, egli faceva trarre i ballestrieri del Re contro i Turchi, e tanto fece e tanto s’aoperò, che il Sire di Branzone iscapolò di disfatta quella giornata, sebbene perdesse de’ venti Cavalieri che si dicea ch’egli avesse, li dodici, senza l’altre sue genti d’arme. Ed egli medesimo nella perfine, di gran colpi ch’egli ebbe, morì di quella dura giornata al servizio di Dio, che bene ne lo avrà guiderdonato, come dobbiam credere fermamente. Ora quel buon Signore era mio avoncolo, e gli udii dire alla sua morte ch’elli era stato in suo tempo in trentasei battaglie e giornate di guerra, delle quali soventi fiate egli avea riportato il pregio dell’armi. E d’alcune ne ho io conoscenza, perchè una fiata, istando egli nell’oste del Conte di Macone ch’era suo cugino, se ne venne a me e a un mio fratello il giorno di un Venerdì Santo in Quaresima, e ci disse: Miei nipoti, venite aiutarmi a tutte vostre genti, ed a correr su gli Allemanni, i quali abbattono e rompono il Mostieri di Macone. Di che tantosto fummo presti sui piedi, e andammo correre contro i detti Allamanni, e a gran colpi e punte di spada li scacciammo del Mostieri, e molti ne furono o morti o naverati. E quando ciò fu fatto, il buon produomo s’agginocchiò davanti l’altare, e gridò ad alta voce a Nostro Signore pregandolo che gli piacesse avere pietà e mercè di sua anima, e che egli a una fiata morisse per lui e in suo servigio acciò che nella fine gliene donasse il suo Paradiso. E queste cose vi ho rac-