Pagina:De Joinville, Galvani - La sesta crociata - 1872.djvu/185

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parte seconda. 121

coloro che partivano di nostr’oste per andare su per lo fiume a Damiata, che n’era di lunge allo intorno d’una grossa lega, per avere de’ viveri, que’ bordellieri ed infami Turchi prendevanli, e punto non ne ritornava uno a noi, donde molti se ne isbaìvano e restavano dell’andata. D’altra parte non ne osava venir pur uno da Damiata a noi apportar la vivanda, poichè tanti ch’egli ne venivano, altanti ne dimoravano. E giammai non nè potemmo saper nulla, se non che per una galea del Conte di Fiandra, la quale isfuggì e traforò oltre lor grado ed a forza, e dissecene le novelle, siccome le galee del Soldano erano in quell’acque aguatando coloro che andavano e venivano, ed avean già guadagnato ottanta di nostre galee, e ch’essi uccidevano le genti che v’eran dentro. E per ciò avvenne nell’oste una sì tragrande carizia, che a pena la Pasqua fu venuta, un bove era venduto ottanta lire, un montone trenta, trenta uno porco, il moggio di vino dieci lire, ed un uovo dodici danari, e così all’avvenante di tutte altre cose.


Capitolo XXVII.

Come per lo gran disagio della pistolenza il Re pose di torsi dalla via di Babilonia, e di alcune mie particolari incidenze.


Quando il Re e suoi Baroni si videro addotti a tale stremo, e che nullo rimedio non ci avea, tutti s’accordaro che il Re facesse passare sua oste di verso la terra di Babilonia nell’oste del Duca di Borgogna, il quale era da l’altra parte del fiume