Pagina:De Joinville, Galvani - La sesta crociata - 1872.djvu/250

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186 la sesta crociata.

Giovanni di Vallanza rammenò d’Egitto io ne conobbi ben quaranta della Corte di Sciampagna, i quali erano tutti diserti e male attornati; e tutti questi quaranta io feci abbigliare e vestire a’ miei danari di cotte e sorcotti di verde, e li menai davanti il Re pregandolo che li volesse tutti ritenere in suo servigio. E quando il Re ebbe udito la richiesta egli non mi disse un motto qualunque. E fuvvi uno delle genti di suo Consiglio che là era, il quale mi riprese dicendo ch’io facea molto male quando apportava al Re tali novelle, poiché nello stato suo ci avea già eccesso di spendio di più che sette mila lire. Ed io gli risposi che la mala ventura il faceva così parlare, poiché in tra noi di Sciampagna avevamo ben perduto in servigio del Re trentacinque Cavalieri tutti portanti bandiera; e dissi altamente che ’l Re non facea punto bene se non li ritenea, visto il bisogno ch’elli aveva di Cavalieri; e ciò dicendo, per pietà della mia contrada, cominciai a plorare. Allora il Re m’appaciò, e m’ottriò quello che gli avea domandato, e ritenne tutti quei Cavalieri, e me li mise nella mia battaglia.

Quando ’l Re ebbe udito parlare li messaggeri degli Almiranti d’Egitto che erano venuti con messer Giovanni di Vallanza, e ch’essi se ne vollero ritornare, il Re disse loro ch’e’ non farebbe con essi nissuna tregua prima che gli avesser rendute tutte le teste de’ Cristiani morti che pendevano sulle mura del Cairo sino dal tempo che i Conti di Bari e di Monforte furono presi, e ch’ essi gl’in-