Pagina:De Joinville, Galvani - La sesta crociata - 1872.djvu/301

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parte seconda. 237


Appresso che Dio ci ebbe stratti di quel periglio, ove noi eravamo così stati davanti l’Isola di Cipri, noi entrammo in un altro non minore. Perchè si levò egli in mare un vento sì terribile e maraviglioso, che a forza e malgrado nostro ci rigettava tuttavia sull’Isola di Cipri che noi avevamo già trapassata. Gittarono perciò i marinieri quattro delle loro àncore in mare, ma unqua non seppero arrestare la nostra nave sino a che la quinta di soccorso non ci fu gittata. E ben sappiate ch’egli ci convenne abbattere i paretelli della camera dove si teneva il Re, ed era tale il tifone che in essa nissuno osava tenersi ritto di paura che le folate sferratoie nol rapissero in mare. Perchè la Reina montò a quella camera dove ella credeva trovare il Re, e non vi trovò che Messer Gillio il Bruno Connestabile di Francia, e me, che vi ci tenevamo bocconi. E quando io la vidi, le domandai che volesse; ed Ella rispose che domandava il Re per pregarlo ch’e’ volesse fare qualche voto a Dio od a’ suoi Santi, affinchè noi potessimo essere liberati della tormenta, da che i marinai le avevano detto che noi eravamo in gran pericolo di annegare. Ed io le dissi: Madama, promettete di fare il viaggio a Monsignore San Nicolao di Varengavilla, ed io mi fo forte che Dio ci renderà in Francia a salvezza. Allora Ella mi rispose: Ah! Siniscalco, io arei paura che ’l Re non volesse ch’io facessi il viaggio, e che per ciò nol potessi accompire. Almeno, Madama, promettetegli che, se Dio vi renda in Francia salvamente, voi gli donerete una nave di cinque marchi d’ar-