Pagina:De Marchi - Demetrio Pianelli, 1915.djvu/112

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Nella sua lettera arida, scritta sul tamburo della disperazione, Cesarino parlava di diritti a pensione, e della dote di sua moglie; ma alla Posta non riconoscevano questi diritti, e in quanto alla dote di Beatrice, chi conosceva il signor Isidoro Chiesa, sapeva che il buon uomo non aveva di grande che la blatera e la presunzione....

Ecco come uno va fuori dei fastidi e vi lascia dentro chi resta.

Come se di impicci e di strozzamenti non ne avesse avuti abbastanza in tutta la sua vita! Come se, per non averne più, egli non avesse giurato di morir solo e vivere intanto nel suo guscio, in una soffitta sopra le tegole, lontano dagli uomini e dalle donne.

La carrozza funebre svoltò un’altra volta e uscì da Porta Vittoria. Dopo le ultime case del sobborgo, laggiù, presso il vecchio forte militare, la strada si fece più molle e fangosa. Da lontano, dietro gli alberi umidi e grondanti di pioggia, venivano sopra gli umidi sbuffi d’un vento gelato i tocchi d’una campana, forse da Calvairate.

Il luogo non è mai bello per sè con quelle siepi mozze, con quella lunga cinta di camposanto che si accompagna alla strada, con quell’acqua morta che inverdisce nei fossi. C’era di più l’ora bigia e triste e la giornataccia che andava oscurandosi nella nebbia