Pagina:De Marchi - Demetrio Pianelli, 1915.djvu/228

Da Wikisource.

— 218 —

ma se lei è contenta di sposare uno scarafaggio simile.

— È una contessa?

— Cosa mi vai contessando....

— Perchè non devi essere sicuro?

— È ciò che vado dicendo anch’io; ma ho paura....

— Segno dunque che sei in.... innamorato.

— Corpo del diavolo! — esclamò Paolino, picchiando un gran pugno sul tavolo, — ho fin vergogna a dirlo. È vero. E dire che non ho mai creduto che si potesse perdere la testa per una sottana. Va là, farfallone, brucia anche tu le ali dorate, birbonaccio!

La faccia di Paolino delle Cascine, illuminata anche dai riverberi del vino bianco, s’era fatta lucida e rubiconda.

Demetrio, lontano le cento miglia dall’immagine dove sarebbe andato a finire quel gran discorso, soggiunse:

— Difatti sei diventato magro.

— Quando ti dico che è una birbonata. Io scherzavo gli altri, mi parevano cose impossibili, cose che si scrivono sui romanzi, o che si mettono sul teatro tanto per fare il duetto:


Di quell’amor, di quell’amor, chè palpito....


Riverisco, grazie del palpito. Provassi, è una scottatura che non si guarisce col chiaro d’uovo sbattuto. Tu perdi la fame, perdi il sonno,