Pagina:De Marchi - Demetrio Pianelli, 1915.djvu/290

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donna per giunta. Che talento! aveva avuto bisogno che venissero dalle Cascine per dirglielo. Una commedia da burattini addirittura....

E nella evidenza del contrasto si metteva a rider forte, come se si trattasse di un babbeo fuori di lui. Il suono della sua voce lo richiamava alle cose e alle idee di questo mondo. Si alzava, aggiustava colle due mani la testa e le gambe ingranchite, dava una giravolta per la stanza, e via, pigliava il cappello, via a sciorinare la malinconia all’aria e al sole di piazza Castello, a cercare una salutare distrazione alle baracche del Tivoli, dove si mostrano le più grandi meraviglie dell’universo. Le piante vestivano il primo verde. Sull’orlo dei viali, ancora umidi e freschi, cresceva un’erba tenera che faceva piacere al cuore, come se quel poco verde, serpeggiante nell’arido anfiteatro di una grande città tutta polvere e sassi, fosse un ricordo della buona madre natura, che comincia fuori dei bastioni. Nello sfondo nitido di piazza d’Armi spiccava l’arco della pace, co’ suoi cavalli neri sul marmo bianco, e dietro l’arco uscivano le cime nevose delle prealpi lontane e del Monte Rosa, che nei giorni asciutti si rivela ai milanesi come l’idea un po’ confusa d’un mondo migliore.

Demetrio si distraeva volentieri dietro le