Pagina:De Marchi - Demetrio Pianelli, 1915.djvu/422

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nò a casa colla fausta notizia che tutto era combinato, che essa aveva detto di sì, che era contenta, eccetera, eccetera, crederesti che io son rimasto freddo e indifferente come questa bottiglia?

Paolino prese la bottiglia, la collocò con un colpo in mezzo alla tavola, indicandola col dito. I due cugini rimasero un momento immobili a contemplarla.

— Misteri del cuore umano! — esclamò Demetrio, usando una frase di un suo vecchio ragionamento.

— E così fu per due o tre giorni. Uscivo di casa la mattina, andavo in campagna, per istinto, come un cieco, che ha gli occhi aperti e non ci vede, scorgevo gli uomini alla lontana, ma non capivo quel che mi dicevano. Tratto tratto mi arrestavo di botto per chiedermi se ero io che dovevo sposare Beatrice, — alle Cascine la chiamavano la bella vedovina. — Non poteva essere che un sogno anche questo come ne avevo fatti altre volte, che poi sfumavano al cantare del gallo? Per accertarmi che non era un sogno, toccavo colla mano i sassi, le piante, mi davo dei pizzicotti, facevo fin dei salti al sole per vedere se con me si moveva anche l’ombra del mio corpo....

— Ah! ah! ah! — proruppe Demetrio con una risata larga, aperta, esagerata apposta