Pagina:De Marchi - Il cappello del prete, 1918.djvu/212

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— Se vostra eccellenza comanda qualche cosa.... — domandò un servo in livrea, che entrò improvvisamente da una portiera di velluto.

— Dove sono?

— Alla «Favorita», eccellenza; e il mio padrone, il marchese di Spiano, mi ha detto di scusarlo se dovette partire per Napoli. Sarà di ritorno questa sera....

— Ah!... questa è la «Favorita».... Ora mi ricordo! Ma che cosa è accaduto, amico mio?

— Vostra eccellenza s’è sentita molto male ieri.

— Mi ricordo. La colpa fu dello Sciampagna. Quel capo scudiero del re di Sassonia ha rubato un certo vino!... Basta; son cose che capitano ai vivi, vero, giovinotto?

Il servitore fece un piccolo inchino e sorrise in maniera da far capire che sapeva compatire queste disgrazie.

Anche ai ladri toccano delle strane disillusioni.

— Il signor marchese la prega di ordinare liberamente ciò che le abbisogna.

— Allora cominciamo da un caffè! ma prima dimmi se ho dormito un pezzo.

— Da ieri fino a oggi, e sono le dieci.

— Cospettina! c’è della morfina in quel vino. E dici che tornerà stasera il marchese?

— Sissignore. È andato a Napoli per qualche combinazione per le corse di domani.

— È vero, domani gran giorno di corse. E quelle signore d’ieri....?

— Son partite subito.