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Pagina:De Marchi - Il cappello del prete, 1918.djvu/213

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— Dimmi ancora: perchè ho fasciata la mano e la testa? che c’è? sangue?

— Vostra eccellenza è caduta sulla grande lastra di vetro del balcone e si è tagliata qui e là. Il pavimento è così lucido....

— Altro che morfina! Portami il caffè.

«U barone» si mise a sedere sul letto, e si toccò la testa e la mano. Non erano che scalfitture. Altre volte ne aveva toccato di peggio. Infine non è una disgrazia risvegliarsi in un bel casino in riva al mare dopo aver dormito diciott’ore d’un profondo sonno. Poichè l’amico di Spiano era tanto cortese, Santafusca intendeva approfittare della sua bontà e rimanere alla «Favorita», finchè avesse avuto il tempo di mandare a Napoli a prendere dei vestiti più decenti. Dalla baldoria il vecchio libertino era uscito come un cane da una chiesa. Vino e sangue dappertutto.

— Vino e sangue! che bel titolo per un romanzo d’appendice!

L’idea del romanzo richiamò l’altra del giornale, e questa l’altra del «Piccolo» colla storia famosa di un cappello.

— Era un fatto vero od era stato un sogno di un uomo ubbriaco?

Il servo entrò col caffè.

— Ci sarà un concorso enorme dimani: vedremo elegantissimi equipaggi. Il premio Sebeto quest’anno è di tremila lire, e di duemila e cinquecento il premio del Ministero. Sento che molti