Pagina:De Marchi - Il cappello del prete, 1918.djvu/28

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rone, fingendo ancora un’anima compunta e stracciata dal dolore. — Vi aspetto alla Villa e badate che nessuno si accorga della vostra partenza. La gente verrebbe a perseguitarvi fino in paradiso per avere i numeri.

— Lo so, ho già studiato il modo di ingannare i curiosi.

— Ma portatemi i denari, per amor di Dio, perchè io muoio di fame.

— E voi pensate al notaio.

— Conoscete don Nunziante?

— Molto bene, è un galantuomo.

— Lo condurrò con me e stenderemo il contratto. Addio, don Cirillo.

— Che il Signore vi aiuti, eccellenza. A giovedì.

Prete Cirillo chiuse in fretta l’uscio, perchè la gente non avesse a udire le sue combinazioni e si fregò allegramente le mani come chi sa di aver fatto un buon affare. E veramente il furbo vecchietto aveva coltivato con malizia l’orto del diavolo. Egli ragionava così:

«Il barone ha bisogno di denaro e, non può tirare in lungo le trattative. La villa è desiderata da monsignor arcivescovo, che vuole collocarvi un seminario e un collegio teologico. Monsignor vicario era già incaricato di parlarne al barone e l’avrebbe già fatto, se le funzioni della settimana santa non avessero impedito il degno prelato.

La Sacra Mensa è disposta a spendere fin