Pagina:De Roberto - Al rombo del cannone, Milano, Treves, 1919.djvu/119

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i. — il principe di Ligne 107

fanciullo che è il soldato e gli attribuì tutta la dignità che gli compete. Ai soldati pensò che bisognerebbe deferire, se non si vuol sbagliare, il giudizio intorno ai premii da largire ed alle punizioni da infliggere ai generali; e la più perfetta eguaglianza volle che regnasse nell’esercito; ma dall’altra parte, e per giusto compenso, volle anche che l’ordine concernente una «bagattella» fosse tanto sacro quanto quello che si riferisce alla battaglia, e che al caporale si portasse tanto rispetto quanto al generale.

Le idee anticipate dal principe hanno fatto strada, ma non è inutile che i giovani destinati alla carriera militare le meditino sulle eloquenti pagine dell’autore. Più utile ancora riuscirà, non solamente ai militari, ma a quanti sentono che la guerra è una dolorosa necessità e che nella forza consiste, e consisterà finchè l’umana natura non sarà mutata, la sanzione del diritto; più utile, oggi, ai cittadini cui non fu dato di poter combattere, ma che seguono con l’ansioso pensiero e con la fervida speranza i combattenti, riuscirà la lettura delle parole con le quali il principe di Ligne esalta «il più bello dei flagelli».

Ai predicatori della pace ad ogni costo egli ne dimostra i danni e propone un formidabile dilemma: «Bisogna scegliere tra l’avere la Pace perchè si è pronti a fare la Guerra, o avere la Guerra perchè non si è pronti a farla»; e