Pagina:De Roberto - Al rombo del cannone, Milano, Treves, 1919.djvu/118

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106 maestri di guerra:

a tutti i regolamenti dovrebbe dare la facoltà di trasgredirli; che i giovani uscenti dalle scuole debbono disimparare tutte le inutili cose con tanta fatica cacciate nella mente; che non occorrono maestri d’armi, bensì maestri d’elevazione, e scuole d’ammirazione, scuole d’entusiasmo, e scuole — anche — di «disordine»? Non doveva essere giudicato propriamente eretico e far passare brividi d’orrore per la schiena dei feld-marschälle pettoruti, compassati e pedanti lo scrittore secondo il quale gli aiutanti di campo debbono distinguersi, sì, per il coraggio, l’esattezza, l’intelligenza, ma anche «nel saper modificare l’ordine che portano, se le circostanze sono modificate....»? Non doveva sembrare un sovvertitore degli elementari principii della gerarchia e dell’etichetta colui che voleva vedere la prima severità esercitarsi sui capi supremi: colui che si vantava d’aver fatto aspettare Imperatori e Imperatrici, ma non un coscritto; che giudicava la società dei fantaccini «più pura e delicata che non quella delle persone della buona società»; che assegnava ad ogni ufficiale la missione «d’amico, di confidente, di consolatore» dei suoi uomini, ed affermava che il colonnello dev’essere «il padre e la madre del reggimento»?

Quando la psicologia non era ancor di moda negli studii, e tanto meno tra i ranghi, il principe di Ligne indagò l’anima di quel grande