Pagina:De Roberto - Al rombo del cannone, Milano, Treves, 1919.djvu/133

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quali nessun popolo potrebbe esser privato se non per violenza, e che ciascun popolo può riacquistare quando l’occasione se ne offre. Ora la legge naturale vuole che si rispettino cotesti diritti, che ci si aiuti vicendevolmente a difenderli, finchè i soccorsi ed i riguardi non pongano a rischio i diritti proprii.... Poichè la sovranità appartiene a tutti i popoli, non può darsi comunità ed unione fra loro se non in virtù di una formale e libera transazione: nessuno d’essi ha il diritto d’assoggettar l’altro a leggi comuni senza il suo espresso consentimento.... Noi abbiamo per principio che ogni popolo, qualunque sia la esiguità del territorio da lui abitato, è assolutamente padrone in casa propria, che è eguale in diritto al più grande, e che nessun altro può legittimamente insidiarne l’indipendenza, tranne che la sua propria non corra visibilmente pericolo." Testimonio ed attore principalissimo d’una delle maggiori crisi che travagliarono il suo paese e il mondo tutto, egli sperò d’afferrare nella Rivoluzione "il fantasma della felicità nazionale", credendo possibile d’ottenere "una Repubblica senza anarchia, una libertà illimitata senza disordine, un sistema perfetto d’eguaglianza senza fazioni": l’esperienza lo disingannò "crudelmente" e gli fece riconoscere che la saggezza è egualmente lontana da tutti gli estremi. Il massimo della prosperità nazionale