Pagina:De Roberto - Al rombo del cannone, Milano, Treves, 1919.djvu/183

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ambizione di primeggiare, ma per una causa simile. "Da 15 anni", scrive il Quinet nel 1832, cioè dalla caduta del Primo Impero, "il posto della Francia resta vuoto; da 15 anni la corona della civiltà moderna si trascina con lei nel fango. Chiunque può raccattarla e prenderla a suo talento; non bisogna far altro che chinarsi: chi lo impedisce?...". Lo impedisce, appunto, una coalizione simile a quella formatasi contro l’impero napoleonico, e soltanto più vasta, perchè più forte è il popolo che non ha resistito alla pericolosa tentazione di raccattare quella corona. Il mondo non è più disposto a tollerare che nessuno se la ponga in capo; nessuna benevolenza verso la civiltà dà diritto ad egemonie. Lo stesso Quinet, con un’altra contraddizione che gli fa onore, dopo avere attribuito ad ogni nazione una parte distinta nel gran concerto umano, domanda a sè stesso: "Nel caos di opinioni, di idee, di poesia che si agita in ogni angolo d’Europa, come riconoscere l’elemento che ciascun popolo vi porta? Lo spiritualismo del Nord, il materialismo del Mezzogiorno, l’eguaglianza francese, l’industria inglese tendono a stabilirsi e coesistere ovunque contemporaneamente". Allora, che cosa concludere? Questo: che tra i voti - se non tra le profezie - dello scrittore francese, il più bello, il più degno di avverarsi è che il Reno diventi un giorno "il fiume di alleanza dove si