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38 l'austria nei giudizii d'un suo alleato

diplomatici....» Ma la presunzione e la prepotenza finiscono il giorno delle sconfitte: allora gli altezzosi sono in preda ad un abbattimento che fa accettare le paci «disastrose», le paci «vergognose». Nei lunghi soggiorni dell’autore a Vienna, durante le grandi crisi dell’Impero, egli non ode «un solo proponimento che dimostri indipendenza e coraggio. Da che cosa dipende dunque l’avvenire d’uno Stato non sostenuto nè dalla coscienza della propria forza, nè elettrizzato dall’amore della gloria e della patria?...» Per conseguenza: «degenerazione, imbastardimento di ogni idea di onore e di morale», ed anche una irrimediabile «mostruosità di debolezza», per la quale i governanti non sono capaci di prendere altri provvedimenti fuorchè quelli in extremis e si sottopongono poscia al giogo «senza resistenza».

L’acuto ed equo osservatore non nega le buone qualità alla gente semplice, del popolo minuto; ma il congegno sociale è così fatto, che «per mantenere l’animo in pace, in questa metropoli (Vienna), bisognerebbe non incontrare personaggi ufficiali. La loro vista turba per tutto il giorno, tanto sono rappresentativi della decadenza». Ed anche fuori del mondo in divisa, c’è qui in tutti i procedimenti, in tutte le usanze, in tutte le feste e i divertimenti, un velo teutonico che toglie grazia ad ogni cosa.... L’edifizio morale di questo paese rammenta i