Pagina:De Roberto - Al rombo del cannone, Milano, Treves, 1919.djvu/93

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italia e grecia nelle lettere di giorgio byron 81


gio del 1810: «sono ammirevoli furfanti — rascals nel testo — con tutti i vizii dei Turchi, e senza il loro coraggio....» Nondimeno, egli corre a patrocinare ardentemente la loro causa. Il 7 luglio 1823 annunzia che porterà seco laggiù, in denaro e lettere di credito, da otto a novemila sterline; cinque mesi dopo ha già largito al governo greco duecentomila piastre, «senza contare i doni complementari alle vedove, agli orfani dei rifugiati ed ai vagabondi d’ogni sorta»; e intanto ha ordinato al suo banchiere di anticipargli le rendite del 1824, di vendere anche la casa di Rochdale per poter profondere altre somme nell’insurrezione e nella guerra, e reclama a gran voce i diritti d’autore sul Werner perchè, se anche sono poca cosa, «con trecento sterline potrò mantenere cento uomini armati durante tre mesi». Quando ode che i Greci non si battono, o che si battono male, che «accettano i fucili, ma gettano via le baionette, e sono molto indisciplinati», si raffredda; ma poi riprende a dare senza «rincrescimento» il suo denaro, apprendendo che ricominciano a combattere. E dà qualche cosa di più che il denaro, spende tutta l’attività del corpo e dello spirito, si accinge ad offrire la vita.

La bellezza della causa affascina l’anima sua di poeta, il risorgimento dell’ellenismo gli pare davvero capace di rigenerare l’umanità. Nè