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società repugnante? mettendo in iscena dei personaggi odiosi? riuscendo ad un’impressione di pessimismo?... Che importa! L’interessante, ciò che costituisce il valore specifico dell’opera d’arte, non mi pareva la qualità del soggetto preso a trattare o dell’impressione da conseguire, bensì il modo con cui il soggetto era trattato e l’impressione conseguita.
Sapevo che mi avrebbero fatta una colpa del mio naturalismo, ma credevo — e credo tuttavia — che tutte coteste antipatie e simpatie di scuola dovrebbero essere perfettamente estranee al giudizio critico. L’arte è una, come una è la realtà che essa si propone di riprodurre; i metodi e gli obbiettivi sono diversi, come diversi sono i temperamenti degli artisti che li scelgono. Accade un fatto; cento persone vi assistono, nessuna di esse ne darà una versione del tutto corrispondente a quella del vicino. Se in mezzo vi è un morto, uno esclamerà: “Che disgrazia!„ un altro sentenzierà: “La solita storia!„ un terzo dirà: “Vi è un morto,„ senza commenti.
La vita che i romanzieri e i novellieri si propongono di ritrarre, è quella che è; la diversità consiste nell’organismo che la osserva. Quando una persona qualunque compie un’azione purchessia, non si sente una voce, dall’alto o dal basso, che giudica quell’azione, inappellabilmente; ognuno di noi si forma invece di quell’azione un concetto relativo ai proprii mezzi d’indagine, al proprio carattere ed al proprio interesse.
In arte, si vogliono distinguere due scuole: la naturalista e l’idealista. Non badiamo, se le piace, ai nomi; i nomi sono sciocchi, dicono molto di meno e molto di più di quel che dovrebbero dire. Badiamo ai fatti. Nel fatto, i naturalisti sono accusati di veder tutto nero, di deprimere tutto; gl’idealisti di veder roseo e di esaltare ogni cosa. So benissimo che tanto gli uni quanto gli altri si ribellano a queste ac-