Pagina:De Roberto - Gli amori.djvu/265

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— Ciò che ho scritto è appena la millesima parte di ciò che ho pensato. Ella si stupisce delle mie contraddizioni? Non le pare possibile che io passi dalla ragionevole rassegnazione alla passione disperata, dall’umile preghiera alla rivolta sdegnosa?...

— Non mi stupisco affatto: nulla di più umano che la contraddizione e l’assurdo.

— Io sento dentro di me dieci, cento donne diverse, una moltitudine di esseri ciascuno dei quali vorrebbe operare a sua guisa. E il più strano è che tutte costoro non parlano già ad una per volta, ma insieme! Lo scritto ha il torto di non far vedere questo tumulto...

— Consolatevi pensando che anche la parola sarebbe impotente.

— È vero! La nostra mente è un abisso!.. Io dovrei dunque implorare costui, per dargli la soddisfazione di respingermi ancora? Ma è una cosa ridicola! Qual donna al mondo ha mai pregato un uomo così? Io potrei implorarlo se fosse un altro, se non fosse una creatura malvagia e bugiarda. Perchè hanno ragione gli altri; e la sciocca son io! Come ho potuto prenderlo sul serio e soffrire tanto per lui? Ed egli avrà riso di me!... Ma se non l’amavo più! Se ero così stufa da non saper che inventare per evitarlo! Se non l’ho amato mai!

— Oh, questo poi...

— Ma sì, ma sì!... Anche al tempo del nostro idillio io ridevo talvolta fra me delle mie declamazioni! Allora soffocavo le risa; ora esse soffocano me! Ora ho bisogno di prendere la mia rivincita! Ma quel che ho tentato di scrivergli non può dare la più lontana imagine di quel che mi ribolle dentro...

— La vostra lettera dice?...

— «Caro signore, le sono oltremodo obbligata della iniziativa da lei presa, tanto più che m’ha risparmiato il fastidio di prenderla da me. La buffa commedia che abbiamo rappresentata insieme minacciava di finire tra le fischiate della platea: era proprio tempo di smettere. Non è da dire per questo che essa non m’abbia dato