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130 | la messa di nozze |
nelle profondità dello spazio ricominciava la vita col dramma eterno della notte e del giorno, con la tacita pugna della luce e delle tenebre personificata nei miti antichissimi, perpetuantesi nel tempo interminabile. Il convoglio fuggiva verso la notte in fuga, come nella folle intenzione di raggiungerla, e gli occhi del dolente tentavano di rifugiarvisi, gonfî di nuove lacrime dinanzi all’agonia di quella notte d’amore e di dolore.
— È giorno?
La voce di lei, la mano di lei appoggiatasi alla sua spalla lo fecero trasalire.
— Di già!
Poi, scorgendo gli occhi lacrimanti:
— Ancora? — soggiunse, crucciata.
Egli disse, in tono di amara preghiera, scrollando il capo:
— Che ti fa?... Lasciami piangere!
Il suo pianto era queto e dolce, senza singhiozzi. Piangendo le passò un braccio attorno al collo, posò la fronte sulla sua spalla. Sempre tentando d’infrenare l’impeto della commozione, disse:
— Capisco.... capisco.... Forse hai ragione.... forse l’amore finirebbe se ti avessi tut-