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voluto morire per punirsi, per evitare d’essere in vita peggio punito con la caduta della sposa a cui aveva additato le vie del male; o che, anche pensando queste cose, la sua morte fosse opera del caso, oramai poco importava. Con raddoppiata curiosità il Ferpierre continuava la lettura delle memorie in cerca di ciò che più gli premeva.

Dopo i rapidi accenni alla sciagura egli non trovò altro che descrizioni di paesi. La giovane vedova portava il suo lutto di luogo in luogo, lungo il Reno, in Olanda, in Iscozia; qui soltanto le memorie erano datate. Pareva che, come l’esperienza l’aveva maturata, così anche il suo pensiero e il suo stile si fossero fortificati; certi paesaggi erano ritratti con tocchi sobrii ma vigorosi, le imagini erano nitide ed evidenti. Qua e là, fra le descrizioni, si trovavano schizzi a penna ed a matita, vedute di luoghi, riproduzioni di tipi; e il tocco della disegnatrice era aggraziato e fermo ad un tempo. Di tratto in tratto ancora alcuni giudizii morali senza apparente relazione con le note vicine, dimostravano come, dietro l’esteriore tranquillità, un secreto lavorìo la tormentasse. A un punto ella diceva:

«Non basta saper regolare le nostre azioni esterne, bisognerebbe poter guidare il pensiero intimo.»

Voleva ella forse dire con queste parole che, libera e sola, tentatrici persuasioni, alle quali pur