Pagina:De Roberto - Spasimo.djvu/141

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storia d’un’anima 129

veva sentire che l’uccidersi è male, e che la legge morale vuole la paziente sopportazione della vita fino all’ultimo giorno; ma questo comandamento poteva valere per chi aveva obbedito tutti gli altri; ella che ne aveva trasgredito uno molto più grave doveva sentirsene sciolta, tanto più che, morendo, intendeva punirsi.

«È tempo?» chiedeva in un altro punto a sè stessa, «Certo, quando ogni altro rimedio è impossibile, quando la speranza è morta del tutto, io potrei compire quest’atto; ma sono io buon giudice dell’opportunità del momento? Quando pare che un corpo vivente sia presso a dissolversi sotto l’azione d’un male implacabile, la natura non trova tante volte in sè stessa la forza di ravvivarlo? La vita così ricca e feconda non può risolvere in modo insperato una situazione che parea senza uscita? La speranza non dovrebbe essere l’ultima a morire? Bisogna dunque aspettare?...»

Persuasa di questa convenienza, ella aveva aspettato. Ma che cosa aveva trovato?

Dopo alcune pagine bianche questo pensiero attrasse l’attenzione del magistrato:

«Non la gioia ha tanta virtù di far dimenticare il dolore, quanto un nuovo dolore. — La notte del 12 agosto

Fiori secchi, ciclamini rigidi e scoloriti erano posti a guisa di segno tra i due fogli.

I fiori, la data aggiunta a quelle parole fecero