sibile al cuore che ha già visto la morte del primo: tali i
selvaggi d’America credevano immortali gli Europei che primi scesero a
conquistare il nuovo mondo e li stimavano onnipotenti, finchè, visto il
primo Spagnuolo soccombere, riconobbero l’inganno e finirono di
venerarli.... Tuttavia la certezza espressa dal Goethe e riaffermata
dalla contessa d’Arda che cosa valeva contro le persuasioni dell’istinto
vitale? Sapere che il nuovo amore finirà come il primo a quanti
impedisce di amare anche una volta? Esser certi di dover morire è una
ragione d’uccidersi? Chi concepisce le tristi verità vive male, ma pur
vive, perchè gl’istinti sono più persuasivi delle astratte concezioni;
la capacità di frenarli consiste soltanto nelle sanzioni morali. E la
contessa si trovava già fuori della legge morale. Questa sua condizione,
la mancanza di qualunque obbligo scritto che la legasse
indissolubilmente al principe, l’esempio datole dall’indegno amante,
dovevano naturalmente, umanamente spingerla a cercare nel nuovo amore un
conforto e una gioia la caducità dei quali, comune a tutte quante le
cose umane, non poteva, non doveva arrestarla. Se non che, mentre ella
era libera dinanzi agli uomini, s’era vincolata dinanzi alla propria
coscienza, senza riti, ma con cuore sincero; ella si trovava bensì fuor
della legge, ma per farvi rientrare chi n’era uscito disconoscendola;
aveva ottenuto da costui l’esempio del male,