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158 spasimo

troppo presto io vidi la miseria, il vuoto, l’orrore della vita.

— Come mai? Siete povero? Avete sofferto qualche ingiustizia per opera degli uomini o del destino? Sì, io mi ricordo di voi; ma non so, come non seppi, che cosa vi hanno fatto!

Il magistrato provava una specie di piacere nell’incalzare il pessimista, nel costringerlo da presso a riconoscere l’errore del suo sentimento.

— Nulla mi han fatto. Ma io piangevo di tutto. Forse ero infermo, sì; ma inferma era l’anima, non già la fibra. Ella fu la mia salute. Dopo averla veduta rinacqui. Questa è la potenza dell’amore: la sola esistenza di una creatura amata è una ragione, la più potente ragione di vivere.

— È ciò vero di qualunque amore?

— Non mi parlate degli ostacoli! Sì, io odio, io esecro, io vorrei come già volli uccidere l’uomo che me la tolse, e l’odio trasparì dalle mie parole. Sì, ella mi disse ciò che avete pensato, tutto ciò che il ragionamento vi ha fatto scoprire; e nel comprendere che l’esistenza di quest’uomo era d’ostacolo alla nostra felicità, io le dissi l’odio mio. L’amore, l’amore ricambiato, cresce dinanzi all’ostacolo, tenta spezzarlo; non cede. L’amore aspetta e spera. È vero, ella tremò quando mi udì parlare così; ma ciò non le tolse di riconoscere che potevo, che dovevo sperare. Non vi ho detto tutto ciò che accadde fra noi. Due giorni prima