Pagina:De Roberto - Spasimo.djvu/223

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la confessione 211

del principe? Ciò pareva tanto più certo, quanto che l’amicizia fra la morta e il Vérod non aveva potuto, secondo i più, restare innocente. Pochissimi credevano alla purezza del loro sentimento; il giovane doveva essere stato l’amante felice della dama italiana, senza di che quale interesse lo avrebbe spinto all’accusa? Era credibile che, amandosi, con la libertà della quale godevano entrambi, fossero rimasti a sospirarsi? Come mai il giovane si sarebbe appagato d’un affetto fraterno? E che cosa avrebbe potuto costringere la contessa a resistergli? Se una prima volta ella era passata sopra alla legge, era fatale che continuasse a dimenticarla. Poteva forse arrestarla la paura od il rispetto di Zakunine che non la curava, anzi la trascurava in ogni modo?... Queste presunzioni, passando di bocca in bocca, diventavano altrettante prove irrecusabili: che il Vérod fosse ultimamente l’amante della morta non era più dubbio. E in questa certezza, oltre che nell’antipatia contro i nihilisti, molti trovavano una prova dell’omicidio: l’amica del Vérod aveva dovuto pensare non ad uccidersi, ma al contrario a godere quanto più era possibile del nuovo amore: il principe e la Natzichev l’avevano assassinata. Ma le discussioni ricominciavano tosto, perchè se fra il Ginevrino e l’Italiana non c’era una semplice ed onesta amicizia, tanto meno semplice ed onesta si doveva credere l’amicizia dei due nihilisti: pertanto, se il principe e la studente erano amanti,