del principe? Ciò pareva tanto più certo, quanto che l’amicizia fra la
morta e il Vérod non aveva potuto, secondo i più, restare innocente.
Pochissimi credevano alla purezza del loro sentimento; il giovane doveva
essere stato l’amante felice della dama italiana, senza di che quale
interesse lo avrebbe spinto all’accusa? Era credibile che, amandosi, con
la libertà della quale godevano entrambi, fossero rimasti a sospirarsi?
Come mai il giovane si sarebbe appagato d’un affetto fraterno? E che
cosa avrebbe potuto costringere la contessa a resistergli? Se una prima
volta ella era passata sopra alla legge, era fatale che continuasse a
dimenticarla. Poteva forse arrestarla la paura od il rispetto di
Zakunine che non la curava, anzi la trascurava in ogni modo?... Queste
presunzioni, passando di bocca in bocca, diventavano altrettante prove
irrecusabili: che il Vérod fosse ultimamente l’amante della morta non
era più dubbio. E in questa certezza, oltre che nell’antipatia contro i
nihilisti, molti trovavano una prova dell’omicidio: l’amica del Vérod
aveva dovuto pensare non ad uccidersi, ma al contrario a godere quanto
più era possibile del nuovo amore: il principe e la Natzichev l’avevano
assassinata. Ma le discussioni ricominciavano tosto, perchè se fra il
Ginevrino e l’Italiana non c’era una semplice ed onesta amicizia, tanto
meno semplice ed onesta si doveva credere l’amicizia dei due nihilisti:
pertanto, se il principe e la studente erano amanti,