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Pagina:De Roberto - Spasimo.djvu/23

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il fatto 11

a foggia di libro, ricoperta di velluto nero, era chiusa da una minuscola chiave; sul punto che il commissario stava per aprirla il principe fece un passo incontro a lui, dicendo:

— È il suo libro di memorie... il giornale della sua vita...

Pareva, dal tono col quale diede quell’indicazione, dall’atteggiamento di tutta la sua persona, che volesse difendere contro gli sguardi indiscreti l’intimo pensiero della sua povera amica. Ma la baronessa di Börne:

— Qui appunto si potrà trovare qualche cosa!... — esclamò avvicinandosi al giudice, il quale prendeva dalle mani del commissario il libro che questi aveva tratto dalla nera custodia.

Era anch’esso rilegato di nero e fregiato d’argento, come un libro mortuario; e già quella vista diceva la tristezza e il dolore dei quali la vita dell’infelice doveva essersi abbeverata. Il giudice scorse rapidamente i fogli: la scrittura era piuttosto grande e magra, poco inchiostrata, elegante e d’una nitidezza mirabile. Il libro era forse pieno per tre quarti; e l’indagatore soffermavasi con maggior attenzione sulle ultime pagine; ma dopo aver letto scrollò il capo:

— Non s’intende, — disse; — non è una confessione...

Il commissario proseguiva frattanto le ricerche in uno stanzino attiguo, lo spogliatoio, dove un