Pagina:De Roberto - Spasimo.djvu/265

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la lettera 253

riva che, nel punto culminante della sua spiegazione con la contessa, udendo la voce conturbata del principe chiamare, aveva lasciato andare il colpo per paura che se egli sopravveniva non avrebbe più ritrovato l’occasione di sbarazzarsi della rivale, il principe invece affermava d’essere accorso dopo udito il colpo da lontano. Posti nuovamente in confronto, la Natzichev si era corretta, dichiarando che aveva creduto di udire la voce, ma che forse per la concitazione si era ingannata. Altri piccoli particolari avevano affermato il giudice nel sospetto che, come nei precedenti interrogatorii, anche ora la giovane prendesse l’iniziativa di spiegare in un certo modo il dramma e incitasse il principe a secondarla; tuttavia egli era deciso di rimandarla dinanzi ai giudici perchè il pubblico dibattimento finisse di fare la luce su quel mistero. Prima però aveva voluto richiamare il Vérod per vedere se dubitava anch’egli, per discutere con lui i nuovi sospetti.

— Nei primi giorni egli era oppresso dal dolore, — gli rispose, dopo aver considerato ancora una volta tra sè queste cose; — più tardi parve insofferente della prigionia.

— Vedete? — esclamò il Vérod. — Se pure sul principio egli comprese l’orrore del suo misfatto, fu poi smanioso di liberarsi. Il mezzo è stato sin troppo buono!

Così aveva anche pensato il Ferpierre. Quel-