Pagina:De Roberto - Spasimo.djvu/43

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le prime indagini 31

e la contessa? — continuò frattanto a interrogare. — Non è da dubitare che s’amassero un tempo?

— Voi sapete, signore, che questo nome, che il nome d’amore si dà a tante cose diverse: alle nostre illusioni, ai nostri capricci, alle nostre cupidità... Sì, ella lo amò d’un amore che fu illusione ed inganno. Ella lo amò perchè credette di essere amata da lui; da lui, che sa odiare soltanto!

— Come mai non si separarono, allora?

— Egli, sì, volle separarsene. Glie lo disse, le gettò in faccia la sua fedeltà; l’abbandonò, più volte. Ella non volle riconoscere d’essersi ingannata, o lo riconobbe soltanto tra sè; e pensando che gl’inganni si pagano, che gli errori si scontano, accettò il martirio.

— Potete precisare in che consisterono i mali trattamenti?

— Chi può ridirli tutti? Ogni suo atto, tutte le sue parole erano un’offesa o una durezza.

— Da chi lo sapeste?

Quantunque il giudice avesse nascosto sotto quell’espressione ambigua il suo dubbio, il giovane protestò:

— Non da lei, signore! Io non udii mai da lei un lamento contro quell’uomo!... Seppi, vidi io stesso... Lo conobbi a Parigi, molti anni addietro, prima che fosse con lei: so quel che vale. Non io solo: tutti lo sanno.