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mano sugli occhi prima di riconoscere la via di Belmont. Allora cadde sul parapetto della via, chiamando:

— Anima! Anima! Anima!...

Lo sconforto fremeva sordamente sotto la fede che gli dettava quell’invocazione. Egli non voleva e non poteva rassegnarsi alla mostruosa realtà; e un impeto violento di sdegno iracondo lo sollevava: torbide imagini e truci proponimenti gli accendevano lo sguardo e gli facevano stringere le pugna; disperate parole gli salivano alle labbra:

— Non c’è nulla!... Tutto è menzogna!... Non c’è altro che il male!...

Se l’amore era ripagato dall’odio, se la povera labile vita della creatura d’amore cui si dovevano le più gelose e trepide cure era stata selvaggiamente distrutta da chi pur sapeva la benignità del suo sorriso, non c’era nulla, null’altro che il male...

Ma Roberto Vérod reprimeva queste parole. Dal giorno che la vista di tutte le bellezze adunate nella fedele lo aveva abbagliato e convertito, un giudice e un custode vegliavano dentro di lui, lo difendevano contro i tristi pensieri, contro i propositi indegni, contro le imagini impure. In tutti gli atti della vita, in tutte le disposizioni della mente egli aveva voluto esser degno di lei, e quest’opera di preservazione gli era stata agevole fino a quel giorno. Se il dubbio lo aveva morso talvolta,