Pagina:De Sanctis, Francesco – Alessandro Manzoni, 1962 – BEIC 1798377.djvu/174

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        Io ho avuto già occasione di esprimere questi concetti, i quali formano il di dietro di tutt’i giudizii fatti da me su autori diversi. Ma ho creduto bene accennare questa teoria, che poi svilupperemo meglio, prima che gettassimo gli occhi sul Conte di Carmagnola

Per mostrarvi come importi determinare i criterii dell’arte, guardiamo la critica che di questa tragedia è stata fatta. Non prendiamo i critici italiani, i quali sono in generale superficiali e leggieri, se ne stanno ancora con le antiche regole di Aristotile e di Gravina.

I critici tedeschi si sono occupati di Manzoni con l’attenzione che egli merita. Ed ecco le loro idee. Essi osservano prima di tutto che nel Conte di Carmagnola manca l’« ideale », e poi che ci manca pure il sentimento morale; e dicono che se questa tragedia non è riuscita in teatro, si deve alla doppia mancanza da essi notata. Questi giudizii sono le conseguenze di certe estetiche fondate sopra falsi concetti dell’arte.

— Il Conte di Carmagnola, dice un di que’ critici, è un avventuriere; egli muore innocente : qual è il senso di questa catastrofe? — . Secondo lui, il Conte è il capro espiatorio delle colpe di tutti gli avventurieri : egli è il meno reo, pure paga per tutti, allo stesso modo che Luigi XVI, detto il men cattivo de’ re, scontò con la sua testa le reità di tutti i suoi antenati.

Ciò posto, il critico si mette la lente e vuol trovare per forza questa idea nella tragedia di Manzoni, il quale non ci ha mai pensato. Crede trovarla in quel

      venduto ad un duce venduto
Con lui pugna, né chiede il perché;

ma poi osserva che questi versi sono avvolti in un lungo Coro, e rimprovera a Manzoni il non aver pensato a ciò, a cui ha pensato egli. E dice: — Che interesse possiamo sentire pel Conte? È bello certamente il morire per la patria. (Sentimento nobile questo, in uno di que’ tedeschi che si hanno fondato una così bella patria). Ma il Conte è un uomo il quale non ha patria,