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x. la morale cattolica 235

non ho da entrarci; ma come filosofo, mettendomi da un punto di vista più alto, dico che la morale cattolica veduta non dal punto di vista degli scettici o dei casisti, ma da quello della ragione, dico che essa è conforme alla morale naturale — . Quindi la sobrietà, la continenza, la modestia e le altre virtù da Manzoni sono mantenute, non in nome della religione cattolica, ma, tal quale come da Sismondi, in nome della ragione.

Uno dice: — Prendiamo il mondo qual è — ; l’altro dice: — Prendiamolo quale dovrebbe essere secondo la religione nella sua origine, non ancora profanata, depravata — . Raggiungono due scopi diversi ed entrambi utili. Manzoni rigetta l’ascetismo e il misticismo, le esagerazioni di cui ha parlato il Sismondi: per lui lo stato matrimoniale è stato di perfezione; vuol dimostrare che le astinenze e i digiuni concepiti senza l’esagerazione mistica sono la sobrietà; vuol mettere di accordo la morale religiosa, concepita nella sua origine e purezza, colla morale quale la dà la filosofia, il diritto naturale. Quanto al materializzare la morale, è d’accordo col Sismondi. Si sforza però di dimostrare che quantunque esso sia vero, si deve attribuire ai casisti, al tempo, ecc.; ma che nel senso cattolico il vero principio morale è dentro dell’uomo. È colpa forse di Cristo che gli uomini credano esser santi col solo andare in chiesa? Il credere che uno è assoluto se il confessore alza la mano per benedirlo, che l’entrare in paradiso è questione di aver di che pagare le indulgenze, è colpa di Cristo?

Credo avervi dato un concetto chiaro del mondo morale e religioso come è rappresentato da Sismondi e difeso da Manzoni. Questi cerca nobilitarlo strappandolo dagli abusi presenti, riconducendolo alla sua origine. Ciò fa in quel discorso, ciò ha fatto negl’Inni, nel Carmagnola, nell’Adelchi, ciò ha fatto anche nei Promessi Sposi.

Che cosa pensa egli, dunque, quando studia il secolo XVII e vuol farvi un romanzo? Pensa trovare il modo di mettere in azione quella morale cattolica, rappresentarla non più liricamente come nei Cori e negl’Inni, ma rendendola veramente drammatica in un’azione che abbia il suo processo interno: e