Pagina:De Sanctis, Francesco – Alessandro Manzoni, 1962 – BEIC 1798377.djvu/54

Da Wikisource.
48 saggi

nella concezione, nel disegno, nel colore, nella misura e nell’armonia, una forma che è poesia, e ti pare storia. Guarda il materiale storico ne’ mediocri: rimane grezzo, o senza forma, o in forma fantastica e arbitraria: quasi l’immaginazione lavori per conto suo, e non sia immedesimata con quello. Guardalo ora ne’ Promessi Sposi.

Già fin dalla prima pagina ti senti in pieno Seicento; leggi un pezzo di cronaca di quel tempo. E quando comincia il racconto, ti è innanzi una lunga descrizione, che spesso pare scritta da un geografo o da un naturalista, anzi che da un poeta: così preciso è il colore locale fin ne’ minimi particolari. Per lo più nelle descrizioni di scrittori italiani la grande preoccupazione è di trovare l’effetto estetico con tali ingegnose combinazioni di ombre e di luce, con tale lavorìo d’immaginazione, che si abbia non la veduta, ma la «bella veduta». Non basta il paese, ci vuole il paesaggio, un paese raffazzonato in modo, che produca non il suo effetto, ma certi effetti, classici o romantici, secondo le scuole. Qui la preoccupazione è di rendere accessibili all’immaginazione anche più infingarda le figure e le disposizioni del sito, con esse le impressioni che naturalmente producono, se e quando; e l’effetto estetico non si cerca, ma s’incontra, in dati momenti, quando il sito stesso lo porta, e consegue più il suo fine, perché i suoi colori non sono fregi dell’immaginazione, ma parte anch’essi del luogo, colori locali. Vedi uomo che descrive dal vero, quello che gli è innanzi all’occhio, e nota tutto, e tutto comprende, e tutto ti vuol far comprendere, con la curiosità paziente e attenta d’intelligente osservatore, anzi che con l’animo concitato e distratto di artista. E dico osservatore intelligente, perché qui tutto è natura, ma natura guardata e disposta da una mente superiore, che l’ordina, l’analizza, la spiega, la mette in moto, le dà vita come a persona, sì che quel lago che divien fiume e torna lago, quelle riviere, quei valloncelli, quei viottoli, quei monti hanno apparenza di figure mobili che ti camminano innanzi e prendono posto. Secondo che vai avanti, le impressioni si staccano dalle cose, e si fanno sempre più vive, insino a che nell’ultimo l’Autore, quasi voglia godere dello spettacolo, se ne