Pagina:De Sanctis, Francesco – Alessandro Manzoni, 1962 – BEIC 1798377.djvu/82

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76 saggi

di formazione e poi còlta sul fatto, variata e mobile, nel suo libero gioco, nelle sue apparenze anche più accidentali e capricciose. L’Autore suole, quando ha a mano un personaggio, un oggetto, un avvenimento, studiare la sua successiva formazione, le fonti della sua individualità, la sua natura, la sua educazione, le sue forze e i suoi mezzi, il suo carattere, la sua fisonomia, il suo ambiente, e quando te lo ha bene spiegato, sicché tu l’abbi innanzi nel suo ideale, in ciò che gli è proprio e caratteristico, ecco, te lo mette in situazione, nell’atto della vita, e comincia la rappresentazione. Talora precede la rappresentazione, talora è mescolata abilmente l’una e l’altra cosa. Il risultato è che tu hai innanzi una visione chiara e vivace, ben definita e limitata. I più sogliono farti balzare avanti una figura nella sua concitazione, fidano nell’improvviso, mirano al maraviglioso. Scrutare, analizzare, spiegare, sono per costoro procedimenti distruttivi dell’arte, che ti raffreddano, ti gittano in uno stato prosaico, ti strappano tutte le tue illusioni, ti traggono da quella sfera del vago e del misterioso, dove regna la poesia. Sono i critici del dritto divino, che pongono a base dell’arte un ideale immobile e intrasformabile, e rimangono fuori della storia, fuori della società moderna. Il nostro Poeta fa proprio a rovescio, quasi faccia a dispetto; l’improvviso e il maraviglioso, il miracolo è affatto estraneo al suo spirito, dove tutto è positivo, tutto è buon senso e misura; i più stanno a bocca aperta innanzi alla piramide; lui non l’ammira se non dopo di averla studiata e compresa; e ciò che ammira lui, non è quello che ammirano i più. E non sono solo le piramidi che attirano la sua attenzione; non ci è cosa sí piccola che non l’interessi; tutto ciò che si presenta al suo spirito, ha lo stesso dritto alla vita, ed è studiato e analizzato con la stessa cura; anzi la sua inclinazione è di entrare nel più minuto della vita, d’intrattenersi nelle più basse sfere, sdegnate dalla poesia nobile e solenne. Là, in quelle sfere inesplorate, trova i suoi ritratti più originali; là vivono i suoi osti e le sue spie, i suoi bravi e i suoi monatti, i suoi cappuccini, le sue Agnesi e le sue Perpetue, la sua Lucia e la madre di Cecilia; là incontra Renzo e là don Abbondio; di là esce animata